31 ottobre 2005

______ Plasmarsi
[...] plasmarsi non significa affatto scendere a patti col mondo per farsi accettare e, in sostanza, per sfruttarlo. Significa diventare il mondo + che puoi per sviluppare, restando chi sei, più umanità che puoi e attivare un senso di possibile amicizia, di equilibri fra dare e prendere e fra farsi portare il bagaglio da un facchino e portare in comune un bagaglio, un senso di amicizia che, prefigurandosi il pensiero del sollievo e l'azione di fatica, diventi il lievito stesso del vivere...
A. Busi (E io che ho le rose fiorite anche d'inverno?)



{ecco.
dimmi.
dove sei. ma non farmi aspettare.
dimmi.
cosa fai. ma non aspettarmi.
parlo.
a voce alta.
grido.
quando posso.
piango. se lo voglio.
rido. con te. di te. per te.

e tu. parla.
ti ascolto.
grida.
se lo vuoi.
piangi.
ti abbraccio. se mi vuoi.
ridi. com me. di me. senza me.

ecco. lascia che io mi plasmi.
lascia che io diventi il mondo + che posso

18 ottobre 2005

All'una di notte, improvvisamente, crollano i paraventi che ho tenuto su tutta la giornata. Cadono. cadono giù. eallorapiango. Piango le mie bugie. Piango le mie manie. Piango la mia smania di felicità. Piango la mia indulgenza. Piango l'indolenza. L'indolenza tutta.

Piango i mie occhi chiusi, che non sanno più guardare intorno. Prima socchiusi, poi sigillati, con il tempo hanno dimenticato. Dimenticato come si fa a ringraziare per quella porzione d'amore, che per grazia o per condanna (dio solo lo sa) ci è stata riservata.
Ma l'amore... l'amore non voluto? sì, di quello che si fa?
E se rubasse spazio alla nostra già ristretta porzione di felicità?

Già, bel dilemma. Dell'amore non voluto, che si fa?

Piango per l'amore non voluto.
Ruba spazio all'amore che verrà.


nb: piango per i miei pensieri ingrati

12 ottobre 2005

Tante notti che questa casa è vuota.
Abitata da me e vuota.
Tante mattine che questa casa è vuota.
Vissuta da me e vuota.

Mio fratello non c'è. Sempre fuori per lavoro. E le notti, tante notti,
a fare la guardia medica al policlinico. Che mestiere folle.

Mi sono sempre chiesta se avrei sofferto di solitudine,
una volta andata ad abitare da sola. Non vivo da sola,
ma i nostri orari sono così diversi... che sola lo sono comunque.

Sola la mattino quando mi alzo.
Sola dopo aver pranzato.
Sola quando rientro a casa.
Sola quando digito avvolta dal silenzio. A notte fonda.

Ma com'è che a me questa solitudine piace?
Com'è che sola, non mi ci sento mai?

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Non starò diventando uno di quei mostri,
che feriti dalla presenza altrui, si ritirano a vita privata,
[eremiti impauriti], e si compiacciono dei propri silenzi?